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L'etichettatura dei prodotti alimentari


L'etichettatura dei prodotti alimentari

20 novembre 2024


L'etichettatura dei prodotti alimentari offre ai consumatori una vasta gamma di informazioni, denominate informazioni nutrizionali, che aiutano quest'ultimo ad orientarsi nella scelta consapevole sull'acquisto degli alimenti.

Perché è così importante una corretta informazione del consumatore?

Perché ogni alimento che noi assimiliamo influisce sul nostro stato di salute, quindi ad esempio se siamo diabetici ed assumiamo alimenti ad alto contenuto di zuccheri potremmo andare in coma, oppure, se siamo celiaci ed assumiamo alimenti che contengono glutine inconsapevolmente potremmo essere soggetti gravi reazioni immunitarie.

 



L'etichettatura degli alimenti

La normativa in materia di etichettatura e informazione sugli alimenti assume una posizione di grande rilievo nel sistema di protezione del consumatore nella legislazione alimentare.

Storicamente la regolamentazione in tema di etichettatura degli alimenti è uno dei primi settori sui quali il legislatore comunitario – ora legislatore UE – ha deciso di attivarsi attraverso l’emanazione di direttive,:

  • la prima direttiva in materia è stata adottata nel 1979 (si tratta della direttiva n.79/112 del Consiglio del 18 dicembre 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità, in G.U.C.E. n. L 33 dell’8 febbraio 1979).
  • La direttiva 79/112, è stata successivamente più volte modificata e in seguito sostituita dalla direttiva n. 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità.

Ma cos’è una Direttiva?

Una direttiva è un atto giuridico attraverso il quale viene indicato un obiettivo che tutti i paesi dell'UE devono perseguire. Spetta  però ai singoli paesi definire, attraverso disposizioni nazionali, le modalità del suo conseguimento.

La disciplina generale in materia di etichettatura degli alimenti, e più in generale sulle informazioni sugli alimenti è stata, però, riformata dal Reg. (UE) n.1169/2011 del 25 ottobre 2011 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, denominato anche, nei documenti di lavoro dell’Unione europea, «il regolamento FIAC» (o, in lingua inglese, «FIC Regulation –Food Information to Consumers»).

Il regolamento 1169/2011

L’adozione del Reg. 1169/2011 segna, sotto molteplici profili, un mutamento di paradigma del legislatore dell’Unione europea.

La prima differenza che possiamo notare, è che questo è in forma di regolamento e non più ad una direttiva.

Ma perchè allora questo atto è stato adottato con la forma del Regolamento e non della Direttiva?

La risposta è semplice, il regolamento UE è quello più incisivo tra gli atti vincolanti del diritto dell’UE, in quanto è direttamente applicabile in tutti gli Stati membri e non lascia margini di intervento agli stessi.

I regolamenti, in base all’art. 288 TFUE, hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri.Il regolamento sul diritto agroalimentare, appunto il regolamento n. 1169 del 2011 ha un contenuto molto vasto, ed è costituito da: - 59 considerando,  - 55 articoli e  - 15 allegati.

Prima di proseguire oltre, è opportuno comprendere meglio cosa sono i «considerando»?

  • I «considerando» nel gergo del legislatore UE consistono nella motivazione, ovvero motivano in modo conciso le norme dell’atto (regolamento, direttiva o decisione), non contengono enunciati di carattere normativo o dichiarazioni di natura politica.  La motivazione inizia con le parole «considerando… quanto segue»: e prosegue con punti numerati consistenti in una o più frasi complete che contengono un’esposizione concisa degli elementi di fatto e di diritto che sono stati presi in considerazione dalle Istituzioni dell’UE per l’emanazione dell’atto e quindi indicano le ragioni, le motivazioni, che hanno portato all’ emanazione dell’atto.
  • La motivazione e quindi i "Considerando" ha lo scopo di informare tutti gli interessati sulle circostanze in cui le Istituzioni hanno esercitato la competenza relativa all’adozione dell’atto, nonché di consentire alla Corte di giustizia dell’Unione europea di esercitare il proprio controllo. La motivazione dei regolamenti, delle direttive e delle decisioni è obbligatoria.
  • Secondo quanto disposto dall’articolo 296 TFUE (trattato sul funzionamento dell’unione europea)- "Gli atti giuridici sono motivati e fanno riferimento alle proposte, iniziative, raccomandazioni, richieste o pareri previsti dai trattati "-.

Tutto ciò ci fa capire cosa è che il legislatore europeo ha più a cuore, ovvero la Tutela del Consumatore. 

Essa nel diritto dell’Unione europea ha trovato riconoscimento sin dal 1986 con l’AUE (ossia l’Atto Unico Europeo) e lo trova tuttora come obiettivo fondamentale e come vera e propria politica dell’Unione europea.

Infatti l’art.169 (TFUE) [ex art.153 TCE] stabilisce che «Al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, l’Unione contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi».

Quindi il consumatore non è tutelato solo in quanto portatore di interessi economici, ma viene tutelato anche sotto più ampi profili, e diritti fondamentali quali la tutela della salute, della sicurezza, dell’informazione.

Ma come avviene questa tutela?

Certo attraverso l’utilizzo di alimenti sani e genuini, ma il consumatore come fa a capire se un alimento è sano e genuino?

Lo fa attraverso l’etichetta.

Lart. 2 del Regolamento UE 1169/2011 da una definizione di etichettatura di un alimento intendendo come etichetta: “qualunque menzione, indicazione, marchio di fabbrica o commerciale, immagine o simbolo che si riferisce a un alimento e che figura su qualunque imballaggio, documento, avviso, etichetta, nastro o fascetta che accompagna o si riferisce a tale alimento”.

Qui di seguito, riportiamo le principali norme da considerare per l’etichettatura degli alimenti, 2 a livello europeo e 1 a livello nazionale:

  • Regolamento UE 1169/2011 - ha ad oggetto le informazioni sugli alimenti che i prodotti preimballati, confezionati, sfusi o preincartati devono indicare al consumatore finale.
  • Regolamento UE 775/2018 - indica le modalità di applicazione del Regolamento appena descritto, con riferimento alle norme sull’indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento.
  • D.Lgs. 231/2017 - disciplina le sanzioni previste nei casi di violazione del Regolamento UE 1169/2011.

Il regolamento UE 775/2018

Il Reg. UE 775/2018, in applicazione dal 1 Aprile 2020, ha come obiettivo principale quello in regolare le norme circa l'indicazione del paese di origine di o del luogo di provenienza dell'ingrediente primario di un alimento.

Ciò significa che, quando il paese d'origine o il luogo di provenienza di un alimento viene indicato su di un prodotto, anche attraverso diciture, illustrazioni, simboli o termini che però fanno riferimento a luoghi o zone geografiche (es. "Made in ...", bandiera, etc.) e questo luogo di origine non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario, in etichetta deve essere necessariamente indicato anche il paese d'origine o il luogo di provenienza dell'ingrediente primario in questione - con riferimento all'UE, allo Stato membro o Paese terzo, etc. - oppure deve essere indicato il luogo di origine  diverso da quello dell'alimento.

La normativa indicata nell'art. 26, c.3 del Reg. UE 1169/2011, si applica nel caso in cui ricorrano due condizioni:

  • presenza di un'indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza del prodotto finito;
  • paese di origine o luogo di provenienza diverso da quello dell'ingrediente primario rispetto al prodotto finito

Ma cosa si intende per ingrediente primario?

L'ingrediente primario è "l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50 % di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa".

Questo ingrediente, Può dunque essere identificato secondo:

  • un criterio quantitativo (l'ingrediente che rappresenta >50% dell'alimento) oppure un
  • criterio qualitativo (associazione alla denominazione dell'alimento da parte del consumatore e indicazione, nella maggior parte dei casi, del QUID).

Ma a chi spetta la responmsabilità dell'individuazione di questi ingredienti?

Tale responsabilità nell'individuazione del/degli ingrediente/i primario/i è dell'OSA(Operatore del Settore Alimentare) cioè la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo, secondo quanto disposto dal Reg. Comunitario 852/2004 sull'igiene dei prodotti alimentari

L'OSA quindi,  deve tenere conto delle diverse caratteristiche dell'alimento, come la composizione, l'intera presentazione dell'etichetta e la percezione dei consumatori rispetto al fatto che l'ingrediente sia associato al nome dell'alimento.

Come specificato nel Reg. UE 1169/2011 "il nome, la ragione sociale o l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare, apposto in etichetta, non costituisce indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza del prodotto alimentare".

Inoltre, non sono considerate indicazioni di origine/provenienza le denominazioni usuali e generiche che, pure indicando letteralmente l'origine, non sono comunemente interpretate come un'indicazione del paese d'origine o del luogo di provenienza (es. insalata russa, zuppa inglese, etc.).

Sono, infine, escluse dal campo di applicazione del Reg. UE 775/2018 le indicazioni geografiche protette a norma dei regolamenti (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 1308/2013, (CE) n. 110/2008 o (UE) n. 251/2014, o protette in virtù di accordi internazionali, e i marchi d’impresa registrati, laddove questi ultimi costituiscano un’indicazione dell’origine, in attesa dell’adozione di norme specifiche riguardanti l’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, a tali indicazioni.

Il D.Lgs. 231/2017  così detto "Decreto sanzionatorio sull’etichettatura"

Il D.lgs. 231/2017, regolamenta quindi sotto il profilo sanzionatorio le disposizioni indicate dal  Regolamento UE 1169/2011.

Allo stesso tempo però individua anche le disposizioni di adeguamento al Regolamento, 

Sotto il profilo sanzionatorio, la norma individua le sanzioni amministrative applicabili in caso di violazioni del Regolamento 1169, facendo però salva la disciplina prevista dal Codice del Consumo che resta invocabile nel momento in cui il consumatore ravvisi una condotta commerciale scorretta (si tenga conto che l’art. 7 del regolamento disciplina le “pratiche leali di informazione”) facendo slittare la materia nella sfera di competenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) la quale è competente nel  giudicare e infliggere le sanzioni amministrative pecuniarie e interdittive che lo stesso Codice prevede.

La norma indica come autorità competente alla irrogazione delle sanzioni l’ICQRF acronimo del “Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari” facente capo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

Per l’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni viene poi applicata la procedura prevista dalla Legge 689/1981, così come la procedura prevista dal D.L. 91/2014. 

Con tale procedura, intanto, si riconosce all’operatore che ha commesso l’infrazione una riduzione del 30% della sanzione, nel momento in cui provveda al pagamento entro cinque giorni.

Inoltre, nei casi in cui si accerti per la prima volta una sanzione “sanabile”, si applica l’istituto della diffida, vale a dire l’ “invito” a regolarizzare la non conformità e a elidere le conseguenze dannose o pericolose dell’illecito entro il termine di venti giorni dalla ricezione dell’atto di diffida. 

Se l’operatore non ottempera alle prescrizioni contenute nella diffida entro il termine, l’organo di controllo procede ad effettuare la contestazione, senza concedere il beneficio del pagamento della sanzione in misura ridotta.

Il decreto 231/2017 prevede poi altre situazioni di riduzione o esclusione delle sanzioni. Infatti, nel caso in cui la violazione sia commessa da imprese aventi i parametri della microimpresa (ai sensi della Raccomandazione 2003/361/CE), la sanzione amministrativa è ridotta sino a un terzo. Non si applicano le sanzioni previste, invece, alle forniture di alimenti che presentino irregolarità di etichettatura – ma non riguardanti la data di scadenza o sostanze o prodotti che possono provocare allergie o intolleranze – se destinate ad organizzazioni senza scopo di lucro, per la successiva cessione gratuita a persone indigenti. Il decreto dunque fa suoi i principi espressi dalla Legge Gadda e favorisce in questo modo la lotta contro gli sprechi, prediligendo appunto la cessione dell’alimento rispetto a una non conformità nella sua presentazione; non conformità che non abbia, ben inteso, riflessi sulla salute del consumatore. Stessa situazione, e cioè esclusione della sanzione, nel caso di immissione sul mercato di un alimento che sia corredato da adeguata rettifica scritta delle informazioni non conformi.

Ancora, la sanzione da 5.000 a 40.000 euro, prevista nel caso di mancata indicazione degli allergeni, non si applica ove il soggetto responsabile abbia avviato le procedure di ritiro e richiamo del prodotto prima dell’accertamento della violazione da parte dell’autorità di controllo. In sostanza, il nostro legislatore si è espresso delineando un quadro sanzionatorio che differisce dal precedente per la maggiore severità, nel senso che indubbiamente il decreto segna un inasprimento delle sanzioni rispetto a prima, ma anche per la introduzione di strumenti di riduzione o esclusione delle sanzioni, applicabili in determinate situazioni e a fronte del ravvedimento operoso dell’operatore interessato dalla contestazione.  Ciò posto, è bene rilevare che ricorrendo alla clausola di riserva “salvo che il fatto non costituisca reato”, il legislatore mantiene il “presidio penale” (v. Relazione illustrativa dello schema di decreto), assicurato dagli artt. 515 e 517 c.p. e quindi le condotte sanzionate amministrativamente nel decreto possono essere contestate penalmente.

Con particolare riguardo alla vendita dei prodotti non preimballati, si vuole rilevare come con l’art. 19 il legislatore abbia contestualizzato la previgente disciplina alla luce dei principi e obblighi del Regolamento 1169.

Infatti, oltre a confermare l’obbligo di fornire sul cartello o altro sistema equivalente le indicazioni già note perché previste nel previgente art. 16 D. Lgs. 109/1992, vi aggiunge le informazioni sugli allergeni e l’obbligo della designazione “decongelato” di cui all’Allegato VI, punto 2 Reg. UE 1169/2011.

Per i prodotti della gelateria, panetteria, della pasta fresca (categoria di nuovo inserimento), della pasticceria e della gastronomia, comprese le preparazioni alimentari, il legislatore richiede che l’informazione sugli allergeni sia “riconducibile ai singoli alimenti posti in vendita”. 

Si tratta di una precisazione aggiuntiva che sarà probabilmente oggetto di discussioni, poiché non si possono non prevedere problematiche nella sua concreta e operativa applicazione; tenuto conto, oltretutto, del fatto che nella maggioranza dei casi gli operatori preparano su un unico piano di lavoro e quindi, oltre agli allergeni presenti in ogni singola preparazione, probabilmente dovranno evidenziare anche la possibile presenza di contaminazioni inevitabili.

Inoltre, nell’ambito di questa tipologia di prodotti, rilevano i paragrafi 8 e 9 dell’art. 19, che sono dedicati agli alimenti non preimballati serviti dalle collettività.  In questo contesto, l’obbligo informativo posto in capo agli operatori riguarda le due informazioni già citate e cioè quella relativa alla presenza di allergeni e quella riferita allo stato “decongelato” dell’alimento.

La indicazione degli allergeni deve essere fornita, coerentemente con la circolare ministeriale di alcuni anni fa sul tema, tramite il menu, un registro, un apposito cartello oppure un sistema digitale, supportato anche da documentazione scritta facilmente reperibile, e deve essere riconducibile al singolo alimento prima che questo sia servito (si ribadisce dunque la necessità di una presentazione puntuale delle sostanze allergeniche); in alternativa, si conferma la possibilità di fornire la informazione oralmente, sempre che sia preannunciata e supportata da documentazione scritta; quindi si può ricorrere ad un avviso sui menu, registri, folder, della possibile presenza degli allergeni, che rimandi al personale a cui chiedere.

Per la indicazione della designazione “decongelato”, che va fornita in relazione alla singola pietanza, sono fatte salve le esenzioni elencate specificamente nel Regolamento 1169/11.

La lotta tra il Nutriscore ed il NutrInform Battery

Recentemente è salito agli onori della cronaca un argomento che ha fatto storcere il naso a molte aziende agroalimentari italiane, l'inserimento, all’interno delle etichette degli alimenti, compresi i vini, di una tabella indicativa che porti a conoscenza del consumatore i valori nutrizionali dell’alimento che si vuole consumare.

Da qui prendiamo le mosse per capire meglio quali sono i problemi sottesi all’inserimento, all’interno delle etichette degli alimenti del “Nutri-Score”.

Ma che cos’è questo fantomatico “NUTRI-SCORE”?

Il Nutri-Score è un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia pensato per semplificare l'identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare attraverso l'utilizzo di due scale correlate:

  • una cromatica divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso,
  • ed una alfabetica comprendente le cinque lettere dalla A alla E.

Questo sistema a punteggio, che deve essere indicato fronte pacco, è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori universitari francesi denominato EREN (Equipe de Recherche en Epidémiologie Nutritionnelle), e si basa sulle tabelle nutrizionali della Food Standards Agency del Regno Unito, il cui corrispondente sistema "traffic lights" è stato messo in discussione dagli esperti.

Infatti nel 2004 la Food Standards Agency, per bloccare la pubblicità di alimenti poco salutari rivolta ai bambini, sviluppò un nuovo sistema per classificare gli alimenti in base al contenuto di nutrienti.

Successivamente, ricercatori dell’università di Oxford iniziarono con 50 prototipi diversi e condussero per anni numerosi studi sino ad arrivare alla creazione dell’algoritmo che sta alla base del semaforo inglese (Traffic Light) e che sarà successivamente adottato anche dalla Francia (Nutri-Score) e dall’Australia-Nuova Zelanda (Health Star Rating) per la creazione delle loro rispettive etichette.

Questo tipo di etichettatura però, impone delle grandi limitazioni di Marketing per le aziende dal momento che la pubblicità ripetuta tramite tutti i media plasma e genera profitti.

Infatti un consumatore accorto non sarebbe invogliato ad acquistare alimenti che hanno un alto contenuto calorico anche se a poco prezzo se fosse fatto chiaramente intendere che questo alimento potrebbe nuocere gravemente alla salute.

L’applicazione del Nutri-Score a livello Europeo fatto nascere un notevole malcontento all'interno delle multinazionali dell’agroalimentare le quali, con l'applicazione di tale sistema, vedono a rischio i loro profitti.

In Italia, infatti,  l’Industria alimentare si è mossa per tempo per bloccare il Nutri-Score e ha proposto una sua etichetta alternativa: il NutrInform Battery.

Lo steso Governo italiano ha adottato il NutrInform Battery , secondo questo, la "batteria italiana" rispetto al "Nutri-Score" “è più informativa e quindi educativa” mentre il Nutri-Score francese si ritiene che possa danneggiare le eccellenze del Made in Italy e della Dieta mediterranea in quanto meno chiaro e preciso della NutrInform Battery.

Nel 2021, infatti, nel quadro della strategia “From Farm to Fork”, la Commissione europea si è impegnata a proporre una nuova etichetta nutrizionale da adottare in tutti i Paesi entro il 2023.

Quindi riassumendo possiamo dire che, l’etichettatura di un alimento non è solo un potente strumento per aiutare il consumatore a scegliere a colpo d’occhio quali sono gli alimenti migliori e quali quelli più nocivi per la salute, ma è soprattutto un pilastro di Public Health che ha delle ricadute importanti in termini di promozione della salute della popolazione generale, dato che innesca a catena gli altri provvedimenti.

Avv. Marco D'Amico

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